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Manifesto regionalismo differenziato

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Il regionalismo differenziato è l’occasione vincente per il Mezzogiorno. È il modo perché lo stesso diventi finalmente protagonista nel sistema Paese.

Qualità del prodotto legislativo, regolamentare e amministrativo. Programmazione che vada ben oltre il verosimile. Capacità dei decisori chiamati a rispondere del proprio operato a fine incarico ma anche nel mentre e, pertanto sollecitati ad essere puntuali ed efficaci negli adempimenti. Messa al bando di ogni assistenzialismo, del tipo quello che – per esempio – ha rovinato i calabresi, ha arricchito i disonesti e alimentato la ‘ndrangheta. Sono tutte le ricadute positive di una corretta attuazione dell’insieme legislativo disegnato dal federalismo fiscale e dal regionalismo differenziato. Da un regionalismo differenziato utile alla nostra rinascita, sempreché si sappia, prima di parlarne nella prossima campagna elettorale, di cosa realmente si tratti. Non solo. Di proporre una sua applicazione ponderata, tecnicamente ineccepibile, da parte della Regione che uscirà dalle prossime elezioni.

 

Il difetto portante cui rimediare

Ma si sa, siffatti requisiti – fondati sulle conoscenze occorrenti per ben lavorare nell’esclusivo interesse della collettività – sono spesso ben lontani dal «bagaglio» culturale necessario per affrontare il difficile «viaggio» da presidente della nostra Regione. Di conseguenza, di fronte ad un tema complesso così com’è il regionalismo differenziato nessuno può sottrarsi, a prescindere.

Sbaglierebbe chi si chiama fuori dalla partita dall’esito della quale dipenderà il successivo protagonismo istituzionale da recitare nel Paese, perché si realizzi concretamente la sua unità giuridica ed economica e si assicurino i diritti fondamentali dei cittadini, ovunque residenti. E dunque. Si dia modo alle Regioni di decidere al meglio, attraverso l’esercizio legislativo più adeguato alle loro esigenze territoriali. Ciò anche al fine di concorrere al meglio all’equilibrio del bilancio dello Stato e al rientro del debito pubblico. Quella «brutta bestia» cui necessita una correzione al ribasso sottraendo i giovani dall’essere indebitati sino all’osso del collo per antiche e attuali gravi colpe dei genitori.

 

Il dramma e il dovere di risolverlo

In una regione come la nostra l’esigenza prioritaria è la sua ricostruzione dopo decenni dedicati alla demolizione dei diritti fondamentali dei cittadini, sanità in testa, delle già limitate occasioni di lavoro, del sistema produttivo e dell’ambiente. Occorrere rilanciare la credibilità istituzionale evitando di assistitere passivamente alla occupazione della PA da parte della ‘ndrangheta. Ne sono la prova una miriade di comuni e due Asp (di Reggio Calabria e Catanzaro) sciolti per infiltrazioni mafiose, così com’è già capitato pochi anni orsono alle Asl di Locri, Vibo Valentia e ancora di Reggio Calabria.

Di fronte ad una tale disfatta occorre che: il futuro Governatore sappia come e quanto esigere per la Calabria; la composizione di un Consiglio regionale capace di interpretare il suo ruolo di Legislatore; la rivalutazione della burocrazia regionale, espropriata del ruolo gestorio riconosciutole dalla legge. Soprattutto, necessita impegnarsi per la mutazione delle attuali regole, tanto da renderle funzionali al cambiamento.

 

La mutazione delle regole
Questo rappresenta il punto determinante per garantire il rinascimento della nostra regione. Il regionalismo differenziato costituisce lo strumento attraverso il quale rigenerare l’attività legislativa della Calabria, sino ad oggi offesa da una Regione che lo ha fatto poco e male perché più interessata a svolgere un ruolo più consono alla distribuzione al minuto di risorse in favore dei privati, più o meno organizzati.

Supporre il contrario significherebbe adagiarsi sulle attuali regole, responsabili di aver ridotto la nostra regione nelle sue odierne condizioni di subordinazione al nord del Paese nell’obbligo eluso di assicurare ai calabresi prioritariamente la salute e il lavoro.

La nostra regione non può essere preda dei suoi grandi mali senza avere l’occasione di misurarsi con il resto del Paese e l’Europa, rendendosi protagonista del proprio destino, avendo assicurato, attraverso il meccanismo perequativo, il godimento dei diritti sociali garantiti al 100% del loro costo/fabbisogno, così come sancito dalla Costituzione (art. 119), attuato dalla legge 42/09 (art. 9) e dai decreti delegati (d.lgs. 68/2011).

Con il corretto esercizio dell’opzione del regionalismo differenziato la Calabria potrà pertanto rivendicare una maggiore competenza legislativa nelle materie chiave, con conseguente attrazione delle relative risorse, funzionali ad assicurare una più qualificata offerta dei relativi servizi/prestazioni alla propria comunità, oggi sofferente al riguardo. Un gap che ha reso i calabresi cittadini di ultima serie costringendoli ad emigrare per rintracciare altrove ciò che ovunque è sotto casa.

A fronte di una tale irrinunciabile esigenza vi è bisogno della necessaria competenza per effettuare le scelte migliori, intendendo per tale l’attribuzione delle maggiori competenze legislative che metterebbero la Calabria in condizione di competere in termini di attrazione per le imprese e di conseguire risultati migliori quanto ad offerta politico-istituzionale, di generare occasioni di lavoro e di servizio in favore della collettività.

 

Unire nella più utile diversità, anziché dividere la Nazione

Sarebbe un guaio ad essere preda della brutta abitudine assunta da taluni settori della cultura e della informazione di fare passare il regionalismo differenziato, in vigore costituzionale dal 2001, come il maggiore incombente pericolo per il Sud, considerato sotto attacco da un Nord alla ricerca di supremazia e in preda a pratiche secessioniste. Sono in tanti, troppi, ad approcciare a tali importanti argomentazioni senza le dovute conoscenze ovvero in mala fede. Sull’argomento occorre essere cauti e responsabili, altrimenti si rischia di dire delle sciocchezze ovvero di pervenire a conclusioni pericolose per il buon vivere comune. L’esempio negativo è rappresentato da alcuni libri dai titoli roboanti che hanno dispensato in giro arbitrarie preoccupazioni alle popolazioni del Mezzogiorno. Al di là dei loro indiscutibili successi editoriali, fondati sul solito «attenti all’uomo nero» alcune iniziative librarie – che un grande costituzionalista, che risponde al nome di Roberto Bin, ha fatto bene a definire “fake new” – hanno rappresentato dei veri e propri attentati alla convivenza nazionale. Hanno prodotto errati convincimenti tali da incidere negativamente in quella collaborazione che la Nazione nella sua interezza deve al Paese nella logica di non ledere la sua unità sostanziale e i diritti fondamentali.

In una tale circostanza, si sono infatti confusi i limiti e i termini legislativi, posti a tutela della esigibilità universale e uniforme dei diritti sociali e delle funzioni fondamentali dei comuni, assicurata dalla Costituzione e, per l’appunto, dal federalismo fiscale, attraverso la predeterminazione dei costi/fabbisogni standard assistita da una sana perequazione che garantisca ovunque con una copertura del 100%.

Ben venga quindi il regionalismo differenziato. Sarà ovviamente compito della governance regionale che verrà dalle ormai prossime elezioni misurare bene la relativa istanza al Governo, previa accurata analisi delle pretese legislative utili al decollo della Calabria, in una al riordino del sistema delle autonomie territoriali, rinviato non si capisce per quale motivo.

 

Enrico Caterini, Rorò De Luca, Peppe Esposito, Aristide Filippo, Ettore Jorio, Silvano Labruna, Sandro Mazzitelli, Franco Mollo, Giovanni Nicotera, Salvatore Perugini, Francesco Romeo, Franco Sammarco, Aldo Semeraro

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